Quasi Onnipotente
Zlatan ibrahimovic: essere sovrumani, e rendersi conto che nel sistema in cui si è inseriti nemmeno quello basti.
Che gli uomini fossero creature multiformi, non era una novità per lo Svedese, anche se era sempre un po’ uno shock doverlo constatare nuovamente ogni volta che qualcuno ti dava una delusione. Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza - esaurire la materia, qualunque fosse, che li rendeva quello che erano - e, svuotati di sé stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà.”
L’ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio
(Philip Roth - Pastorale Americana)
Immagina di essere sovrumano, di avere forza, tecnica, genio, coordinazione, e di renderti conto che nel sistema in cui sei inserito nemmeno essere sovrumani non basti. Di rendertene conto dopo anni, anni in cui i traguardi non sono poi sembrati troppo distanti per essere raggiunti, anzi, quasi promessi ad ogni inizio stagione. “È questo l’anno buono”.
Ogni anno l’anno buono, un brindisi a qualcosa che se ne va finalmente e un augurio che qualcosa finalmente arrivi, anche se, a pensarci un po’ meglio, più di quanto tu abbia voglia di pensarci in quel momento, quell’anno non è stato poi tutto una merda.
“Che hai fatto quest’anno?” “Mah, non molto, ho vinto il solito campionato”.
Il solito campionato è la carota, la Champions League il bastone.
Ogni anno vincere il campionato, ovunque tu sia, qualunque sia la lingua che parla la competizione. Allora è possibile, pensi, allora ce l’ho quasi fatta. È il quasi il problema.
Zlatan Ibrahimovic si crede una divinità, per gioco o per davvero, non lo sapremo mai. Se una divinità è un’entità sovrumana, accettiamo il fatto che abbia più potere degli esseri umani, per piegare gli eventi terreni secondo il proprio volere, una cosa che agli umani non riesce, e che genera la loro infelicità. Se fosse così semplice, di Zlatan Ibrahimovic forse avremmo sentito parlare in modo diverso, e forse anche di meno. Ma nel calcio le divinità in gioco sono tante. E ne basta una, con gli stessi poteri, a vanificare i piani dell’altra.
In italiano non esiste un concetto che sappia unire in una sola parola i concetti di bellezza e forza bruta, eppure in Ibrahimovic, nel calciatore che è stato e che ancora è, non si possono separare le due cose, e se nel pantheon del calcio dovessimo nominarlo Dio di qualcosa, lui sarebbe il Dio di quella cosa lì.
Ibrahimovic ha vinto un numero spaventoso di campionati, e non è nemmeno sicuro che quel numero sia destinato a restare fermo. I campionati sono una tournée massacrante, in cui il tempo si dilata e si misura in punti. In contesti come questi, il Dio della bellezza e della forza bruta può piegare gli eventi al proprio volere, perché c’è un’altra entità sovrannaturale nel calcio, che ha deciso di non incarnarsi in nessun giocatore, e che di solito si disinteressa di un torneo così lungo e ricco di momenti di noia, per giocarsi tutto nel torneo che più si lega al caos degli eventi, la Champions League. La fortuna, nel senso di sorte.
Ibrahimovic ha capito che per quanto perfetto potesse essere lui, giocava con gli umani. E se anche avesse portato tutti gli umani al suo livello, avrebbe dovuto comunque fare i conti con un’altra entità che continuava a spostare la carota avanti, e a bastonarlo.
Da qualche anno sembra averlo accettato. Da quando l’ha accettato, sembra più sereno. Non è poco per un essere sovrumano, ancora bellissimo e brutale.
Un pezzo del 2021 di Marco Vezzaro per Calcio Sensibile.




